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Workshop_7 Imbalsamatori del corpo sociale
Condotto da Sophie Usunier
14 giugno 2009
Il settimo workshop organizzato al PAV ha avuto luogo perlopiù all’esterno, sul prato antistante l’atelier delle attività. Il clima caldo delle due giornate estive e gli intensi odori di paglia e di fieno accumulati in quantità e pronti per essere usati, evocavano un ambiente remoto, di campagna. L’atelier, per l’occasione è stato trasformato in una sartoria: con macchine per cucire elettriche, spolette di filo, forbici, aghi da lana e un grosso cumulo di abiti dismessi.
Questo è il contesto domestico e ludico predisposto da Sophie Usunier per accogliere i partecipanti al suo workshop Imbalsamatori del corpo sociale. L’artista ha proposto di realizzare collettivamente Les Empaillés, l’installazione che successivamente è stata esposta, tra le altre opere, nella personale dell’artista GREENHOUSE (Summer) – Domestic Conditions.
“…con Les Empaillés riprendo il senso letterale di impagliare: “imbottire”. Impagliare coincide semplicemente con una modalità di conservazione e, in questo caso, impagliare utilizzando dei vestiti significa procedere esattamente come un tempo si faceva con la pelle degli animali”. Usunier descrive con queste parole l’azione che attraverso il workshop è stata realizzata nello spazio-laboratorio del PAV. A ciascun partecipante, attore con l’artista dell’installazione, è stato chiesto di portare con sé un vecchio capo di abbigliamento in disuso; testimone della presenza del singolo proprietario e della sua storia intima. Gli abiti dei partecipanti, insieme a quelli anonimi dei cittadini – provenienti dalla campagna di raccolta differenziata dell’azienda di raccolta rifiuti urbani di Torino (AMIAT) – hanno costituito la “pelle” delle sculture visibili e utilizzabili come sedute da tutto il pubblico durante l’esposizione della mostra.
La pelle ricorre spesso nell’immaginario di Usunier perché questa è la parte più sensibile, più estesa e più esposta del corpo. Questo vale per l’uomo come per l’animale, tanto che nell’immaginario popolare, favolistico e mitologico, la forza simbolica della pelle ricorre con insistenza. Essa protegge l’individuo fino a diventare una vera barriera difensiva, a volte una corazza, altre ancora una maschera.
Gli abiti, similmente, possono svolgere l’azione di rappresentare, esporre, nascondere, ingannare. Pelle e abito hanno perciò una precisa funzione di domesticazione, intesa come adattamento dell’uomo: all’ambiente, e spesso, nonostante l’ambiente. Questo è il tema che ricorre nelle fonti dichiarate da Usunier durante l’introduzione al workshop pubblico, ritrovabile in Pelle d’Asino di Perrault, nella Gatta cambiata in Donna di Jean de la Fontaine, come in crude opere di Louise Bourgeois, per citarne alcune.
In sede di laboratorio gli abiti svuotati sono stati assemblati tra loro con tecniche sartoriali, senza un vero e proprio criterio antropomorfo, giuntando fra loro forme similari. Le sagome ottenute sono state riempite con paglia robusta e in particolare con fieno ricavato dagli sfalci d’erba del PAV, per essere poi esposte nella corte interna al museo e utilizzate per accogliere comodamente i corpi dei visitatori che vi si sono voluti adagiare.
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