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ecologEAST
Arte e Natura al di là del Muro
Peter Bartoš, Imre Bukta, Stano Filko, Ana Lupas, Teresa Murak, Gruppo OHO, Pécsi Műhely, Zorka Ságlová, Rudolf Sikora, Petr Štembera, Gruppo TOK, Jiří Valoch
18 marzo – 26 giugno 2016
a cura di Marco Scotini
In stretta connessione con la mostra Earthrise, dedicata alla scena artistica italiana degli anni Settanta, il PAV continua la propria ricerca sui pionieri del rapporto tra pratiche artistiche e ambiente naturale spostandosi ad Est e rintracciando una costellazione di esperienze, complementari tra loro, nate sotto il Socialismo.
EcologEAST è la prima mostra a presentare in Italia le ricerche artistiche di un’avanguardia non ufficiale impegnata con l’ambiente e disseminata soprattutto nel Centro Europa: dalla Polonia alla ex-Cecoslovacchia, dalla Romania all’Ungheria e alla ex-Jugoslavia. La differenza del contesto, soprattutto sotto il profilo ideologico, difficilmente rende assimilabili questi approcci a quelli sviluppati dagli Earth workers e Land artists occidentali, ben oltre l’apparenza delle strategie messe in campo.
All’inizio degli anni Settanta la questione ambientale, che in Occidente emerge in tutta la sua evidenza, non pare arrestarsi di fronte alla Cortina di Ferro. E ciò non perché la crisi della natura si pone, per statuto, come esterna all’economia, alla società e alla politica e dunque sarebbe tale da spiegarsi da sola. Ma all’opposto, proprio perché l’origine del degrado è tutta interna a questi fattori, dobbiamo chiederci cosa è allora che accomuna tanto l’Est che l’Ovest sotto questo aspetto. Uno dei padri dell’ecologia politica come André Gorz risponde, a caldo, che il problema sta nell’aver concepito in entrambi i casi la “crescita” come la terapia di tutti i mali. In una sorta di bilancio concettuale del 1977, André Gorz scriveva: “Tutti coloro che, a sinistra, rifiutano di affrontare il problema di un’equità senza crescita, dimostrano che il socialismo, per loro, non è che la continuazione con altri mezzi dei rapporti sociali e della cultura capitalistica, del modo di vita e dei modelli di consumo borghesi.” Proprio perché l’errore starebbe nell’essersi appropriati dei mezzi produttivi del capitalismo senza mutarli, Gorz conclude: “Il capitalismo fondato sulla crescita è morto.
Il socialismo fondato sulla crescita, che gli somiglia come un fratello, ci riflette l’immagine deformata non del nostro futuro ma del nostro passato”. Contro-cultura post sessantottesca, innovazione tecnologica e dibattito ecologico sono al centro di una nuova tendenza radicale che dalla seconda metà degli anni Sessanta vede una serie di artisti dell’est, in differenti contesti regionali, sviluppare una moltiplicazione di pratiche effimere (performative e concettuali) come azioni dirette svolte per lo più nell’ambiente naturale ai margini delle città e registrate in documentazioni fotografiche, oppure denunce dell’inquinamento attraverso video o cartoline, mappe grafiche e cosmologie visive come nel caso di Rudolf Sikora, recuperi delle tradizioni locali e ricorso a materiali organici (Imre Bukta, Teresa Murak e Ana Lupas), impianti d’irrigazione e associazioni comunitarie come quella inaugurata dal Gruppo OHO vicino Šempas, oppure manifestazioni pubbliche urbane con coinvolgimento del pubblico, come nel caso del TOK Grupa di Zagabria. L’importanza di queste azioni molecolari sta nel rapporto inverso tra visibilità e invisibilità che esse mettono in scena così come nella fine della prospettiva umanistica che perseguono, tanto in Petr Štembera che in Gruppo OHO o in Pécsi Műhely, tra gli altri.
Il paesaggio ne risulta trasformato quasi impercettibilmente proprio perché ogni gerarchia tra uomo e natura viene annullata. Ma soprattutto il compito che sta dietro queste azioni è la loro possibilità di criticare indirettamente temi politici del momento servendosi però del concetto di crisi ambientale che, come tale, sembrava apparentemente svincolato da implicazioni espressamente ideologiche. Mentre, al contrario, l’intento era proprio quello di rivendicare una soluzione politica.
La mostra presenta lavori di Peter Bartoš (Slovacchia), Imre Bukta (Ungheria), Stano Filko (Slovacchia), Ana Lupas (Romania), Teresa Murak (Polonia), Gruppo OHO (Slovenia), Pécsi Műhely (Ungheria), Zorka Ságlová (Repubblica Ceca), Rudolf Sikora (Slovacchia), Petr Štembera (Repubblica Ceca), TOK Grupa (Croazia), Jiří Valoch (Repubblica Ceca).
All’interno delle iniziative previste per l’approfondimento della mostra ecologEAST le Attività del PAV propongono Paesaggi Abitabili, laboratorio per le scuole secondarie di primo e secondo grado. L’attività propone una riflessione sulla riscoperta dell’ambiente, a partire da una rinnovata attenzione alle urgenze ecologiche e l’esigenza di conquistare, attraverso azioni poetiche e spiazzanti, spazi di libertà limitati.
La mostra è realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo. Si ringraziano: Marinko Sudac Collection, Museum of Modern Art in Warsaw, MSU Zagreb, AMT Project Bratislava, Galleria P420 Bologna.
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