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ECOLOGIES OF LOSS
Ravi Agarwal
A cura di Marco Scotini
9 marzo - 9 giugno 2019
Il PAV Parco Arte Vivente presenta Ecologies of Loss, la prima personale italiana dell’artista indiano Ravi Agarwal. Con questa mostra, a cura di Marco Scotini, prosegue l'indagine del rapporto tra pratiche artistiche e pensiero ecologista nel continente asiatico, inaugurata con la personale dell'artista cinese Zheng Bo Weed Party III.
L'indagine (che vedrà presto altri appuntamenti) cerca di fare il punto sulla “centralità dell'Asia nella crisi climatica”, come sostiene Amitav Ghosh. Tra i maggiori esponenti della scena artistica indiana, da decenni Ravi Agarwal conduce una pratica inter-disciplinare come artista, fotografo, attivista ambientale, scrittore e curatore. Il suo lavoro esplora questioni nodali dell'epoca contemporanea quali l'ecologia, la società, lo spazio urbano e rurale, il capitale.
Per oltre quattro decadi, la fotografia ha costituito il medium d'elezione per il lavoro di Ravi Agarwal, che ha poi conosciuto una dimensione più estesa grazie all'inclusione di installazioni, video, interventi di arte pubblica, diari, all'interno di progetti dalla durata pluriennale. La natura decentrata del suo approccio (plurale, frattale, polifonico) colloca Ravi Agarwal tra quegli esponenti di una scienza nomade (Deleuze e Guattari) che si muovono contro le istanze teoriche unitarie, in favore di saperi minori, frammentari e locali.
Animato dal desiderio di riappropriazione dei poteri collettivi autonomi sottratti dal capitalismo, di auto-gestione e auto-governo dei propri corpi e delle proprie vite, di cooperazione nel lavoro umano ed extra-umano, Agarwal registra i cambiamenti in corso nell'ambiente a partire dal lato della perdita.
Da qui deriva il titolo, Ecologies of Loss, della mostra concepita per il PAV. In questo senso, trattandosi della prima personale in Italia, la mostra cerca di raccogliere nuclei di opere scalate cronologicamente negli anni: da Have you Seen the Flowers on the River (2007 - 2010) a Extinct? (2008), da Alien Waters (2004 – 2006) a Else All Will Be Still (2013 – 2015). All'interno di queste estese ricerche, la perdita dell'animale (la comunità degli avvoltoi della parte meridionale dell'Asia) non è distinta dalla minaccia dell'estinzione della coltura del garofano indiano (la sua economia sostenibile, i suoi significati rituali), la perdita del fiume Yamuna, da quella del linguaggio (con il ricorso alla antica letteratura Sangam, scritta in Tamil), fino alla perdita del sé soggettivo – secondo una logica di interconnessione ecosistemica per la quale nessun elemento risulterebbe isolabile dal resto.
Ma l'aspetto fondamentale e originale della pratica artistica e attivista di Ravi Agarwal è quello che da più parti è stata definita come “personal ecology”. E ciò fin dal 2002, quando il suo lavoro viene presentato a Documenta XI e il tema ecologico non è ancora all'ordine del giorno. Piuttosto che “personal ecology” sarebbe più giusto definirla, con la derivazione foucaultiana, “ecologia del sé”, cioè come l'implicazione della propria auto-biografia all'interno dell'ambiente, come sua componente indissociabile.
Per questo l'ambiente non potrà essere solo naturale, ma psichico, sociale, linguistico, semiotico. Da questo punto di vista, risulta particolarmente emblematico il lavoro presentato a Yinchuan Biennale. Il titolo, Room of the Seas and Room of Suns fa riferimento a due spazi della vita dell'artista, connessi dal comune elemento della sabbia. Due contesti ecologici, due politiche di sopravvivenza, il paesaggio umido della città costiera di Pondicherry e quello arido del deserto del Rajasthan, della sua infanzia e dei suoi antenati.
Come afferma Agarwal, il fiume non è solo un corpo d'acqua che scorre attraverso la città, ma una rete di miriadi di relazioni interconnesse alla città, ai suoi abitanti e alla natura. I suoi lavori sono stati esposti in manifestazioni internazionali tra le quali menzioniamo Yinchuan Biennale (2018), Kochi Biennale (2016), la Sharjah Biennial (2013), Documenta XI (2002). Ravi Agarwal è fondatore e direttore della ONG ambientalista Toxic Link, oltre a far parte di diversi comitati regolatori, a fianco della sua costante attività di studio, ricerca e scrittura relativamente ai temi connessi alla sostenibilità ambientale, sia nella dimensione accademica sia sui media più popolari. Nel 2008 è stato insignito dello Special Recognition Award for Chemical Safety delle Nazioni Unite e, nel 1997, gli è stata assegnata l'Ashoka Fellowship per l'imprenditoria sociale.
All’interno delle iniziative previste per l’approfondimento della mostra Ecologies of Loss le Attività Educative e Formative del PAV propongono Un prato in città, attività di laboratorio che, su un piano estetico, formale e scientifico, studia la conformazione e le proprietà del fiore di Tagete (Tagetes L.), anche noto come garofano d’India. Questo fiore speciale da cui si ricava un prezioso olio essenziale curativo e i cui colori vivaci attragono api e farfalle, nella cultura indiana viene offerto per celebrare unioni, feste e rituali ed è simbolo di benessere e prosperità.
La mostra è realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino.
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